“Barbiana”, la scuola che ci manca, la scuola che possiamo essere!
- Logos Stalettì
- 5 giorni fa
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Articolo scritto insieme al Prof. Vito Pirruccio, ex dirigente scolastico, noto e stimato per il suo impegno nell’educazione inclusiva e nella promozione della gentilezza come valore educativo fondamentale. Cultore del pensiero di Don Milani, ha fatto propri i principi della sua pedagogia, ispirando ad essi il proprio modo di intendere la scuola e il ruolo dell’insegnante.
Al Prof. abbiamo chiesto come è venuto in contatto con il pensiero di Don Milani, e soprattutto, com'è stato il primo approccio. E lui ci ha raccontato:
«Era il 1977. Don Milani era morto da dieci anni. Io ero uno studente della Facoltà di Scienze Politiche dell’Università di Firenze. Avevo già incontrato sulla mia strada un libro che mi avrebbe cambiato per sempre: Lettera a una professoressa. Quel libro non si limitava a raccontare, ma inquietava, muoveva, accendeva. Mi spinse a cercare. Partecipai a un incontro all’Istituto Gramsci, in Piazza Madonna. A parlare era Padre Ernesto Balducci. Lì, per la prima volta, sentii nominare Barbiana. Una scuola nascosta tra le montagne. Un prete diverso. Scomodo. Autentico. Un uomo che, senza volerlo, sarebbe diventato un faro.»
«Conobbi Michele Gesualdi, uno dei suoi allievi, che poi divenne presidente della Provincia di Firenze. Fu lui a raccontarmi quella scuola, quel luogo che nemmeno compariva sulla cartina. Decisi: dovevo andarci. E quando arrivai a Barbiana, capii che non era solo un luogo. Era un grido. Una speranza concreta. Una promessa mantenuta.» Don Milani era arrivato a Barbiana nel 1954. Mandato lì come punizione dal vescovo. Ma ciò che doveva essere esilio, divenne rivoluzione. Comprò subito la propria tomba. Come a dire: "Io sono qui. E qui resto". All'ingresso mise un cartello: I CARE. "Mi importa. Me ne prendo cura." Due parole semplici, ma più potenti di mille proclami. L'antitesi del "me ne frego" fascista. Barbiana era una scuola totale. A tempo pieno. Senza vacanze. Perché, diceva Don Milani, i contadini non hanno ferie. Si studiava sul serio. Non a memoria, ma scavando a fondo. Nelle parole, nella lingua, nel senso profondo delle cose. Ogni giorno si leggeva il giornale, si scrivevano lettere, si discuteva. Si costruiva. Si sciava. Si viveva. E ogni gesto diventava insegnamento. Voleva che i suoi ragazzi conoscessero le lingue. Li mandava a studiare d'estate. E pretendeva che ogni giorno gli scrivessero una lettera. Grazie all’incontro con Mario Lodi, introdusse la scrittura collettiva. Tutto era occasione per crescere. Anche la malattia. Anche la morte. Nulla veniva nascosto. Ogni verità era responsabilità condivisa. Tre ragazzi della sua scuola erano stati bocciati da quella tradizionale. A Barbiana trovarono una scuola diversa. Inclusiva, ma mai lassista. Esigente. Profonda. Giusta. Don Milani non cercava facilità: cercava verità. Chiunque visitasse Barbiana, anche tra gli intellettuali, doveva lasciare qualcosa. Insegnare qualcosa ai ragazzi.
Con il Prof. Pirruccio ci siamo chiesti se tutto questo può valere ancora oggi. E la risposta è arrivata chiara, lucida, ma soprattutto sentita.
«Le problematiche sono cambiate. Ma il cuore è lo stesso. Oggi viviamo nuove povertà, spesso invisibili. E molti non vedono più nella scuola un vero strumento di riscatto. I genitori guardano spesso il voto, ma non l'apprendimento. A volte diventano "sindacalisti dei figli". Dimenticano che la scuola non è giudizio, ma crescita.» Certo, qualcosa si è mosso. L'inclusione è migliorata. Ma si è persa la fame di cultura, la spinta a risollevarsi attraverso il sapere. «La scuola oggi rischia di diventare un progettificio. Servono nuovi luoghi di studio, vivi , spazi dinamici. Gli strumenti digitali vanno governati, non subiti. Il PNRR può essere un’occasione. Ma servono insegnanti che siano fari. Che educhino al pensiero critico. Che mettano cuore.» Don Milani andava a cercare i suoi alunni. Forse, oggi, dobbiamo tornare a farlo. "Fai strada tra i poveri, senza farti strada." La scuola non è elemosina. Se esci povero dalla scuola, tornerai povero. Ma se la scuola è buona, allora la tua vita può cambiare. Non conta dove la fai, ma come la fai. Don Milani conosceva la durezza della scuola e della vita. Era figlio di una madre ebrea e di un padre facoltoso. Aveva vissuto sulla sua pelle l'esclusione. Ma sapeva che le sconfitte non sono bocciature. Sono lezioni. Occasioni. L'importante non è cadere, ma come ci si rialza.
Allora, ci teniamo a concludere l’articolo con un pensiero dedicato a voi, ragazzi e ragazze della scuola di Stalettì:
Siete voi il presente della scuola. E siete voi, con le vostre domande, la vostra voglia di capire, la vostra fatica e il vostro entusiasmo, a poter cambiare davvero le cose.Non aspettate che qualcuno riconosca il vostro valore: cercatelo dentro di voi, ogni giorno.Usate la scuola come una palestra per diventare liberi, non solo bravi.Siate esigenti. Curiosi. Tenaci. Perché se la cultura è una strada, dovete essere i primi a percorrerla.
E ricordate: non conta dove nasce una scuola, conta come la si vive.
Da qui, anche noi possiamo scardinare l’orizzonte e levitare fra i segreti del mondo.
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